Perché recensire i primi due senza aspettare che la serie sia conclusa? (In fondo solo solo 4 volumi e la Magic sembra essere alquanto rapida e regolare con le uscite)
Mo-chan
In italia lo vedemmo per la prima volta nell’anime night di MTV (si potrebbe dire nell’epoca d’oro di tale serata), i 6 episodi rallegrarono le serate del Maggio-Giugno 2000 (più ovviamente qualche replica in qua e in là, anche su altri canali, se ben ricordo).
Ci mostrarono l’assurda vita di una rossa fissata coi manufatti antichi e del povero vampiro (con servitori al seguito) che aveva schiavizzato per lo scopo.
Era un mix di combattimenti, una dose alquanto blanda di fanservice, gag e una trama falsamente storica ambientata negli anni 20 con una spruzzata di fantasy, nella sua assurdità conquistò il cuore di tutti gli otaku dell’epoca anche se il finale rimase alquanto indigesto a molti.
Allora si videro bene ad accennare che in realtà si trattava di sei OAV (anche perché in quanti erano in grado di comprendere il termine all’epoca?) tratta da un manga che aveva generato anche una serie, vera e propria, di 26 episodi chiamata Master Mosquiton 99 (ambientata nel 1999, praticamente una ambientazione, allora, contemporane) ma tutto sommato Mo-chan e comapgnia sono rimasti “famigerati” fino ai giorni nostri e quando la Magic ha annunciato che finalmente avrabbe portato in italia il manga in diversi ne hanno goito e si sono gettati sul primo numero uscito (sottoscritta inclusa).
La ricetta per un disastro
Come ho già detto da noi vide la luce nel 2000, gli “otaku italiani” di allora erano una cosa diversa e io di certo non mi mettevo a fansubbare o a leggere scan in inglese o anche solo fare ricerche online perché non avevo nemmeno 10 anni e per quanto tu possa aver amato una cosa in quei bei tempi col cavolo che quasi 20 anni dopo ti viene in mente di fare ricerche o cercare materiale di un opera degli anni 90 (almeno che non ti abbia flippato di brutto il cervello).
Per di più nel secolo scorso, per così dire, a differenza di ora le serie animate tendevano a dissociarsi liberamente dall’opera madre cartacea e spesso finivano col migliorarla (basti pensare a Sailor Moon, l’anime –anche con tutti i suoi filler inutili– è 10 volte più comprensibile del manga).
Ora le serie anime tendono a essere uno schifo confrontate alla versione cartacea, perché in certi generi non osano abbastanza, in altri non ci stanno proprio i quattrini per fare un lavoro decente, le animazioni sono mediamente tirate al risparmio, spesso sono parola per parola i dialoghi del manga e per di più sono frazionate in 30mila mini-serie di 10 episodi che non sai nemmeno se verranno rinnovate perchè dipende tutto da quanto vende e talvolta per vendere (o segarle) fanno degli accrocchi che ti perseguitano la notte.
Il mercato è cambiato e tutto ‘sto discorso serve solo a dire che me lo sarei dovuta aspettare... leggere il manga di Master Mosquiton probabilmente stata una cocente delusione.
Più novanta di così si muore
Il manga in patria uscì con una certa rapidità: nel giro di 2 anni ecco 4 volumi, abbastanza nella media dell’epoca.
Tra il 1996 (inizio della serializzazione) e il 1998 Mo-chan visse e morì sia su carta che su video.
L’autore della storia è Satoru Akahori, è ancora attivissimo e milita principalmente in ambito shonen e ecchi (ma chi l’avrebbe mai detto? XD) e qui mi fermo perché non mi interessa gran che quello che fa –però è il marito della shojara Kitagawa Miyuki (disegnare shojo per 40anni, sto male io al solo pensiero *cof cof*).
Hiroshi Negishi invece è attivissimo nell'ambito anime, solitamente col ruolo di regista.
Ai disegni abbiamo Isomata Tsutomo, un signor nessuno, che grazie a dio ha fatto solo questo perché digerire i suoi disegni in MM è già fin troppo difficile.
Non so chi sia quest’uomo, ho cercato e ho trovato poco o nulla, ma in Master Mosquiton si prodiga in una quantità di occhioni anni 90 (anche troppo grossi per l’epoca), inquadrature scazzate, deformazioni ad ogni vignetta e scene totalmente caotiche, insomma dal punto di vista visivo è davvero uno strazio che rovina immensamente la lettura.
Il primo volume
Come già detto il primo volume narra le vicende degli OAV, la “serie” giunta da noi.
È decisamente più frettoloso e caotico, in 200 pagine racconta 3 ore di storia, ma è stata comunque una lettura piacevole che ti riportava con la mente all’inizio del secolo e, col supporto dell’anime, diverse scene confuse e fumose avevano un senso compiuto –anche se la parte della mogliera non esiste proprio in questo volume.
Era come leggere il riassunto di un bambino ma è stato comunque divertente e il fatto che finisse preciso come l’anime (con Inaho che spetta il ritorno di Mo-chan e lo si vede brevemente fuori dalla porta) faceva ben sperare di scoprire cosa succedesse dopo quella benedetta scena.
Il secondo volume
Senza la ben che minima spiegazione, da parte degli autori o in qualche fugace redazionale messo lì di proposito, il secondo volume si apre come se fosse il prologo a tutt’altro manga e l’unico suggerimento che viene data è un commento nel free-talk che dice che i personaggi sono un po’ cambiati rispetto al volume 1.
Cambiati? Mi state prendendo in giro, qui è come se qualcuno si fosse messo a fare un fanzine ricopiando i disegni del volume 1 per buttarli in un manga scolastico-fantasy di quint’ordine!
Ma veniamo a noi, punto per punto.
Inaho questa volta non è una ragazza sola che ha ereditato un negozio d’antiquariato (anche se resta il fattore nonnetti fissati con l’occultismo) ma una smorfiosetta ricca sfondata che è anche la “segreta” proprietaria della sua scuola, dove ovviamente tutti la venerano e lei è un genio indiscusso.
Mo-chan si fa sempre imbrigliare, parzialmente perso dietro al ricordo della precedente rossa (a giudicare dall’orecchino è proprio l’Inaho del primo volume), ma tutta la sua fissa e frenesia per il sangue –con annesso fanservice– pare totalmente assente e combatte senza problemi in qualsiasi situazione, anche se le prende di brutto quasi sempre in barba all’essere il “Vampiro” cazzutissimo del volume 1, e dell’OAV, dimenticatevi anche le figose lacrime di sangue e la doppia personalità.
Yuki e Hoono ci guadagnano un po’ in visibilità, e anche in quanto a poteri, ma sembra ancora di più messi lì solo a riempire pagine e a far vedere un po’ di tette.
Al cast del primo volume (torna anche un certo Duca anche se ora pare più una comparsa che imita Flubber) si aggiungono due new entry e si vede anche Kamille (perché Kamille se è sempre stata Camille Inaho Carmilla? In questo volume lungi anche l’intuire che si tratti della ex un tempo tanto amata).
I nuovi personaggi solo uno più stereotipato e ridicolo dell’altro:
abbiamo Lady Wolf (“zoccolona” licantropo e idol del mondo oscuro) e Franky (il Frankenstein del giorno, stalker di suddetta idol), per quanto possano far sfuggire un sorriso all’inizio stancano alquanto in fretta.
Inoltre i disegni, già terrificanti nel volume 1, peggiorano visibilmente e spesso e volentieri i fondali sono bianchi con qualche retino per fare l’effetto velocità, esplosione e cose preconfezionate su quello stile lì.
I dialoghi e la storia poi non hanno senso, anche la faccenda degli Opart pare un guazzabuglio ancora più fumoso del primo volume e in tutto e per tutto sembra una versione fanmade partorita dalla mente non particolarmente originale di un fan sfegatato (oddio è una fanfic!?).
Insomma, mi state dicendo che dovrei aspettare dei mesi per avere per le mani altri 2 volumetti (che mi costreranno la bellezza di 12€ circa) da decriptare pagina per pagina per capire qual’è il messaggio che l’autore voleva trasmettere?
Quindi parliamo della storia che più o meno mi dirà che Kamille è quel che già so –visto che la sua storia era inclusa negli OAV– che quasi sicuramente l’attuale Inaho è la discendente delle due precedenti Inaho (famiglia monogenetica, son sempre uguali ‘ste tipe) e che dopo un po’ di botte e schianti con questi due nuovi cattivi, e quello vecchio, Mo-chan resterà adorabilmente accanto a questa isopportabile Inaho finché non crepa...? Se anche la vampirizzasse gli “attuali” protagonisti di Master Mosquiton non mi dicono nulla e mi stanno profondamente sul sedete, per di più i difetti del primo volume sono ancora più accentuati in mancanza della versione animata (che però mi dicono essere indecentemente pallosa, poco divertente e talmente meritevole di essere vista che nemmeno in america han speso i soldi per i diritti) e per un evidente calo verso l’abisso della qualità.
Davvero, perché renderlo un cappero di manga scolastico fake-fantasy? Perché andava di moda così in quei tempi e dovevano rincorrere i lettori? Ma se funzionava benissimo l’ambientazione iniziale?
Quindi, come tristemente prevedevo, gli OAV restano un bel ricordo meritevole di essere visto (oddio ultimemente subisco dei terribili urti con la realtà nel rivedere le cose non a 1080, basti pensare ad Aquarion) il manga è alquanto indecente, ma come dicevo i tempi cambiano (nell’animazione come nel cartaceo) se qualcuno è riuscito ad amare il vero Sailor Moon, la Miyu originale perché non dovrebbe voler bene anche a questo Mo-chan?
Semplice, leggete e capirete~
Mo-chan
In italia lo vedemmo per la prima volta nell’anime night di MTV (si potrebbe dire nell’epoca d’oro di tale serata), i 6 episodi rallegrarono le serate del Maggio-Giugno 2000 (più ovviamente qualche replica in qua e in là, anche su altri canali, se ben ricordo).
Ci mostrarono l’assurda vita di una rossa fissata coi manufatti antichi e del povero vampiro (con servitori al seguito) che aveva schiavizzato per lo scopo.
Era un mix di combattimenti, una dose alquanto blanda di fanservice, gag e una trama falsamente storica ambientata negli anni 20 con una spruzzata di fantasy, nella sua assurdità conquistò il cuore di tutti gli otaku dell’epoca anche se il finale rimase alquanto indigesto a molti.
Allora si videro bene ad accennare che in realtà si trattava di sei OAV (anche perché in quanti erano in grado di comprendere il termine all’epoca?) tratta da un manga che aveva generato anche una serie, vera e propria, di 26 episodi chiamata Master Mosquiton 99 (ambientata nel 1999, praticamente una ambientazione, allora, contemporane) ma tutto sommato Mo-chan e comapgnia sono rimasti “famigerati” fino ai giorni nostri e quando la Magic ha annunciato che finalmente avrabbe portato in italia il manga in diversi ne hanno goito e si sono gettati sul primo numero uscito (sottoscritta inclusa).
La ricetta per un disastro
Come ho già detto da noi vide la luce nel 2000, gli “otaku italiani” di allora erano una cosa diversa e io di certo non mi mettevo a fansubbare o a leggere scan in inglese o anche solo fare ricerche online perché non avevo nemmeno 10 anni e per quanto tu possa aver amato una cosa in quei bei tempi col cavolo che quasi 20 anni dopo ti viene in mente di fare ricerche o cercare materiale di un opera degli anni 90 (almeno che non ti abbia flippato di brutto il cervello).
Per di più nel secolo scorso, per così dire, a differenza di ora le serie animate tendevano a dissociarsi liberamente dall’opera madre cartacea e spesso finivano col migliorarla (basti pensare a Sailor Moon, l’anime –anche con tutti i suoi filler inutili– è 10 volte più comprensibile del manga).
Ora le serie anime tendono a essere uno schifo confrontate alla versione cartacea, perché in certi generi non osano abbastanza, in altri non ci stanno proprio i quattrini per fare un lavoro decente, le animazioni sono mediamente tirate al risparmio, spesso sono parola per parola i dialoghi del manga e per di più sono frazionate in 30mila mini-serie di 10 episodi che non sai nemmeno se verranno rinnovate perchè dipende tutto da quanto vende e talvolta per vendere (o segarle) fanno degli accrocchi che ti perseguitano la notte.
Il mercato è cambiato e tutto ‘sto discorso serve solo a dire che me lo sarei dovuta aspettare... leggere il manga di Master Mosquiton probabilmente stata una cocente delusione.
Più novanta di così si muore
Il manga in patria uscì con una certa rapidità: nel giro di 2 anni ecco 4 volumi, abbastanza nella media dell’epoca.
Tra il 1996 (inizio della serializzazione) e il 1998 Mo-chan visse e morì sia su carta che su video.
L’autore della storia è Satoru Akahori, è ancora attivissimo e milita principalmente in ambito shonen e ecchi (ma chi l’avrebbe mai detto? XD) e qui mi fermo perché non mi interessa gran che quello che fa –però è il marito della shojara Kitagawa Miyuki (disegnare shojo per 40anni, sto male io al solo pensiero *cof cof*).
Hiroshi Negishi invece è attivissimo nell'ambito anime, solitamente col ruolo di regista.
Ai disegni abbiamo Isomata Tsutomo, un signor nessuno, che grazie a dio ha fatto solo questo perché digerire i suoi disegni in MM è già fin troppo difficile.
Non so chi sia quest’uomo, ho cercato e ho trovato poco o nulla, ma in Master Mosquiton si prodiga in una quantità di occhioni anni 90 (anche troppo grossi per l’epoca), inquadrature scazzate, deformazioni ad ogni vignetta e scene totalmente caotiche, insomma dal punto di vista visivo è davvero uno strazio che rovina immensamente la lettura.
Il primo volume
Come già detto il primo volume narra le vicende degli OAV, la “serie” giunta da noi.
È decisamente più frettoloso e caotico, in 200 pagine racconta 3 ore di storia, ma è stata comunque una lettura piacevole che ti riportava con la mente all’inizio del secolo e, col supporto dell’anime, diverse scene confuse e fumose avevano un senso compiuto –anche se la parte della mogliera non esiste proprio in questo volume.
Era come leggere il riassunto di un bambino ma è stato comunque divertente e il fatto che finisse preciso come l’anime (con Inaho che spetta il ritorno di Mo-chan e lo si vede brevemente fuori dalla porta) faceva ben sperare di scoprire cosa succedesse dopo quella benedetta scena.
Come già detto, a differenza del solito, non mi sono affatto informata prima di iniziare a leggere questo manga, ed è stato un male...
Il secondo volume
Senza la ben che minima spiegazione, da parte degli autori o in qualche fugace redazionale messo lì di proposito, il secondo volume si apre come se fosse il prologo a tutt’altro manga e l’unico suggerimento che viene data è un commento nel free-talk che dice che i personaggi sono un po’ cambiati rispetto al volume 1.
Cambiati? Mi state prendendo in giro, qui è come se qualcuno si fosse messo a fare un fanzine ricopiando i disegni del volume 1 per buttarli in un manga scolastico-fantasy di quint’ordine!
Ma veniamo a noi, punto per punto.
Inaho questa volta non è una ragazza sola che ha ereditato un negozio d’antiquariato (anche se resta il fattore nonnetti fissati con l’occultismo) ma una smorfiosetta ricca sfondata che è anche la “segreta” proprietaria della sua scuola, dove ovviamente tutti la venerano e lei è un genio indiscusso.
Mo-chan si fa sempre imbrigliare, parzialmente perso dietro al ricordo della precedente rossa (a giudicare dall’orecchino è proprio l’Inaho del primo volume), ma tutta la sua fissa e frenesia per il sangue –con annesso fanservice– pare totalmente assente e combatte senza problemi in qualsiasi situazione, anche se le prende di brutto quasi sempre in barba all’essere il “Vampiro” cazzutissimo del volume 1, e dell’OAV, dimenticatevi anche le figose lacrime di sangue e la doppia personalità.
Yuki e Hoono ci guadagnano un po’ in visibilità, e anche in quanto a poteri, ma sembra ancora di più messi lì solo a riempire pagine e a far vedere un po’ di tette.
Al cast del primo volume (torna anche un certo Duca anche se ora pare più una comparsa che imita Flubber) si aggiungono due new entry e si vede anche Kamille (perché Kamille se è sempre stata Camille Inaho Carmilla? In questo volume lungi anche l’intuire che si tratti della ex un tempo tanto amata).
I nuovi personaggi solo uno più stereotipato e ridicolo dell’altro:
abbiamo Lady Wolf (“zoccolona” licantropo e idol del mondo oscuro) e Franky (il Frankenstein del giorno, stalker di suddetta idol), per quanto possano far sfuggire un sorriso all’inizio stancano alquanto in fretta.
Inoltre i disegni, già terrificanti nel volume 1, peggiorano visibilmente e spesso e volentieri i fondali sono bianchi con qualche retino per fare l’effetto velocità, esplosione e cose preconfezionate su quello stile lì.
I dialoghi e la storia poi non hanno senso, anche la faccenda degli Opart pare un guazzabuglio ancora più fumoso del primo volume e in tutto e per tutto sembra una versione fanmade partorita dalla mente non particolarmente originale di un fan sfegatato (oddio è una fanfic!?).
Insomma, mi state dicendo che dovrei aspettare dei mesi per avere per le mani altri 2 volumetti (che mi costreranno la bellezza di 12€ circa) da decriptare pagina per pagina per capire qual’è il messaggio che l’autore voleva trasmettere?
Quindi parliamo della storia che più o meno mi dirà che Kamille è quel che già so –visto che la sua storia era inclusa negli OAV– che quasi sicuramente l’attuale Inaho è la discendente delle due precedenti Inaho (famiglia monogenetica, son sempre uguali ‘ste tipe) e che dopo un po’ di botte e schianti con questi due nuovi cattivi, e quello vecchio, Mo-chan resterà adorabilmente accanto a questa isopportabile Inaho finché non crepa...? Se anche la vampirizzasse gli “attuali” protagonisti di Master Mosquiton non mi dicono nulla e mi stanno profondamente sul sedete, per di più i difetti del primo volume sono ancora più accentuati in mancanza della versione animata (che però mi dicono essere indecentemente pallosa, poco divertente e talmente meritevole di essere vista che nemmeno in america han speso i soldi per i diritti) e per un evidente calo verso l’abisso della qualità.
Davvero, perché renderlo un cappero di manga scolastico fake-fantasy? Perché andava di moda così in quei tempi e dovevano rincorrere i lettori? Ma se funzionava benissimo l’ambientazione iniziale?
Quindi, come tristemente prevedevo, gli OAV restano un bel ricordo meritevole di essere visto (oddio ultimemente subisco dei terribili urti con la realtà nel rivedere le cose non a 1080, basti pensare ad Aquarion) il manga è alquanto indecente, ma come dicevo i tempi cambiano (nell’animazione come nel cartaceo) se qualcuno è riuscito ad amare il vero Sailor Moon, la Miyu originale perché non dovrebbe voler bene anche a questo Mo-chan?